martedì 9 settembre 2014

Alternatim: una pratica antica per un contesto moderno

Propriamente parlando, la locuzione alternatim significa "alternativamente". 
Ai più il nome dice poco. A chi, invece, sa qualcosa di musica sacra -specialmente se si parla con gli organisti- verrà in mente la prassi della messa pre-conciliare, quando un canto/inno/salmo veniva cantato dal coro per una parte e suonato all'organo per l'altra.
L'alternatim si sviluppa profondamente nel Basso Medioevo all'interno della Messa. Ciò che, fino a quel tempo, era equamente distribuito fra due cori che cantavano alla stessa maniera (avviene qualcosa di simile nelle chiese in cui i salmi dei Vespri vengono recitati/cantati ora da una parte dell'assemblea ora dall'altra), comincia a differenziarsi: alla monodia del primo coro (forse non è più il popolo) risponde la polifonia del secondo coro. 

Nel video qui sotto si può vedere il Credo eseguito in alternatim all'antichissima maniera dei due cori che s'alternano in canto monodico; all'Et incarnatus est -però- abbiamo un saggio dell'alternatim medioevale, ossia una polifonia che risponde a una monodia.


In epoca successiva, però, le cose si complicano e alla polifonia del coro subentra la polifonia dello strumento polifonico per eccellenza, l'organo. In buona sostanza, col progredir dei secoli, il coro "polifonico" smette di cantare, il testo da cantare è semplicemente letto e poi suona l'organo, fino a quando si arriverà al momento in cui il testo -addirittura- non sarà più letto e "canterà" solo l'organo.

Questo è quanto si legge nel Caerimoniale Episcoporum del 1600 (il primo post-tridentino): §6 [...] Ma si dovrà badare che ogni volta che qualcosa viene supplito dall'organo o venga da esso eseguito alternatim come negli inni e nei cantici, da qualcuno del coro venga pronunciato con voce intellegibile ciò che non viene cantato a causa dell'organo. Sarebbe anzi cosa lodevole che qualche cantore insieme all'organo e con voce chiara cantasse la stessa cosa.

Lo stesso cerimoniale vietava l'alternatim coro-organo solo per il Credo, ma sappiamo bene tutti che questa pratica ha tirato avanti per secoli!!! Quindi dobbiamo chiederci quanto di ciò che veniva raccomandato fosse poi eseguito. 

Qui linko un video esemplare di come si presentava la situazione alle soglie del movimento ceciliano e della riforma liturgica (non ho messo i Fiori di Frescobaldi perché molto noti: questi video vogliono essere un invito a vedere cose anche poco note)

Insomma, comunque la si voglia mettere, si era arrivati a un vero e proprio abominio liturgico: si sacrificava il testo della celebrazione per fare della musica. Fu così che la pratica fu disincentivata (non è vero che Pio X la abolì: chi lo dice, ha letto male la Inter sollicitudines) tanto che piano piano morì. O meglio: sulla scia della bella e fausta riforma del canto sacro, tutti si proiettarono in avanti e si lasciarono il passato alle spalle (anche se nella "Divini cultus sanctitatem" di Pio XI, del 1928, si accenna a certi ostruzionismi e persino a prosecuzione di vecchi stilemi, alternatim organistico forse incluso).

Alla luce di quanto detto, vista poi l'esperienza comune di canto in chiesa, parrebbe di dover considerare superata la modalità dell'alternatim tout court. Ma non è così.
Che abbia ragione io, lo si può evincere dal primo video (una registrazione recente di una messa in forma ordinaria nella cattedrale cattolica di Londra), dove la modalità dell'alternatim (antico e medioevale) è messa in pratica. I fondamenti legali sono essenzialmente quelli espressi da Musicam sacram

§34. I canti che costituiscono l’Ordinario della Messa, se sono cantati su composizioni musicali a più voci, possono essere eseguiti dalla «schola» nel modo tradizionale, cioè o « a cappella» o con accompagnamento, purché, tuttavia, il popolo non sia totalmente escluso dalla partecipazione al canto. Negli altri casi, i canti dell’Ordinario della Messa possono essere distribuiti tra la «schola» e il popolo, o anche tra due cori del popolo stesso, in modo cioè che la divisione sia fatta a versetti alternati [in latino: versibus alternis], o in altro modo più conveniente, che tenga conto di sezioni più ampie del testo.

Qui si fa riferimento all'Ordinario ma -la stessa cosa- può pure valere per il Proprio. Qual è la ragione che ha spinto a questa formulazione: anzitutto non perdere un'antica (e bella) prassi, quella cioè dell'alternanza fra schola e popolo; in secondo luogo, non dimenticare il patrimonio liturgico-musicale. Tutto ciò è detto abbondantemente nello stesso documento, non è una mia invenzione.
I vantaggi dell'alternatim (escluso ovviamente quello di tipo a organo solo) sono molteplici: favorire la varietà nel rito; far percepire i ruoli differenti ma complementari di schola e popolo; fornire un tessuto liturgico-musicale di partecipazione attiva ma anche contemplativa; comunicare antichi patrimoni musicali etc. Questi sono solo alcuni, scritti come mi sono venuti in mente...

Un altro importante motivo è quello di non far percepire la Chiesa come appiattita al basso, vogliosa solo di materiale di bassa lega, alla portata esecutiva di chiunque, incapace di comunicare un bello frutto d'impegno e arte. Gli "artisti" -è inutile negarlo- rimangono spesso sconcertati di fronte non tanto alla sciatteria ma alla mancanza d'ammissione di colpa di chi di dovere. E in una Chiesa aperta a tutti è preciso dovere morale stare a sentire tutti, altrimenti quel "aperta a tutti" è una presa per il culo bella e buona. Certo è che gli "artisti" non possono fare come vogliono, in barba alle leggi della stessa Chiesa (spesso la loro ignoranza è agghiacciante). L'unica soluzione è andare di pari passo: la Chiesa deve guidare gli artisti ma anche fidarsi e affidarsi a loro, altrimenti risulterà ridicola e boriosa. Insomma, ci vuole la sana via cattolica, quella dell'et-et.

In quest'ottica qui, l'alternatim ha ancora molto da dire, sia se si riprendono in mano brani di repertorio sia se se ne scrivono di nuovi. Anzi, è proprio qui, in questa seconda opportunità, che si potrebbe tentare di coniugare persino la via dell'alternatim a voce con quello a organo, magari (siamo nel campo delle ipotesi musicali, non liturgiche) indulgendo di più nell'uso dello strumento a solo, facendo sì che la polifonia possa risultare una specie di duetto brevissimo fra coro polifonico e organo. Ma visto che i rischi di questa operazione sono molti e tutti si possono riassumere nell'espressione "farsi prendere la mano", converrà che una cosa simile sia oggetto di indagine e attuazione di limitate realtà ecclesiali. Per noi comuni mortali basta il resto.