lunedì 22 agosto 2011

Basta poco per cominciare. Quel conta è la volontà.

Quest'afa opprimente mi pungola, m'incita a scrivere qualcosa che da tempo ho in testa. A mio avviso, l'organo meccanico è di gran lunga superiore a quello elettrico o elettronico o digitale per vari motivi; proverò a elencarne qualcuno.
1) L'organo meccanico ha una risposta diversa e migliore al tocco delle dita. Il suono esce nel preciso istante in cui il dito sfiora il tasto e addirittura, con una buona tecnica, può essere "dosato".
2) L'organo meccanico ha meccanica eterna: i meccanismi sono sempre gli stessi; e se pur così non fosse più per certi ambiti, l'abile artigiano organaro può sempre ovviare. Grazie a Dio la meccanica è sempre quella!
Così, purtroppo, non si può dire degli altri tipi d'organo. L'elettronica e i sistemi elettrici sono tecnologie sempre in cambiamento. C'è il rischio che un ipotetico restauro del nostro organo elettrico/-onico sia seriamente compromesso; chiarisco il tutto con un esempio banale: poniamo il caso d'avere due organi, l'uno meccanico e l'altro non-meccanico (uso questa dicitura per raggruppare gli elettrici, gli elettronici e i digitali).
In caso di restauro, l'organo meccanico, per quanto distrutto, sarà sempre ricostruibile con una meccanica fedele o quasi all'originale, cosa che forse non può avvenire per il non-meccanico. Se, infatti, consideriamo i progressi della tecnica, sarà difficile avere, tra quarant'anni, gli stessi tipi di cavi elettrici, gli stessi meccanismi di funzionamento. Chissà, forse cambierà persino il voltaggio!
3) Il costo è un argomento interessante da affrontare. All'inizio, per certo, un organo meccanico è molto più costoso del resto. Ma col tempo, a conti fatti, penso proprio che convenga. Infatti, se ben mantenuto -come tutto, del resto!- e puntualmente revisionato e riparato prima d'aspettare che rovinino a terra le canne, il meccanico non ha grosse complicazioni strutturali, anzi non le ha proprio; si tratta solo di spendere poco e "spesso" (=più d'una volta) nell'arco di almeno trent'anni (N.B. le cifre che propongo sono date "a lume di naso" ossia basandomi su quanto so dei vari restauri effettuati).
Pensiamo invece a un organo non-meccanico: di spesa prolungata nel tempo abbiamo solo la manutenzione delle canne e la riparazione di qualche contatto che puntalmente si verifica; oltre a ciò bisogna aggiungere che dopo almeno una decina d'anni bisogna fare un controllo dell'apparato elettrico e in più c'è il serio rischio che, se cominciano a verificarsi sempre più contatti, bisogna rifare l'intero impianto elettrico, opera che certo non può fare il primo elettricista che capita ma una ditta specializzata. Diciamo che, se il non-meccanico si rompe e lo fa per bene, siamo spacciati!
4) Un investimento va sempre fatto bene. Che si tratti di 10.000 o di 30.000 euro, sempre di svariati quattrini si parla. Ebbene, a meno che non ce la faccia a superare varie decadi e diventi -come le automobili- d'epoca, il non-meccanico perde valore. Appena si compra e sempre. Il meccanico, invece, è un'opera artigianale e se abbiamo la fortuna di avere un organaro bravo che ci costruisca lo strumento, beh, possiamo vedere il prezzo di valore non solo essere lo stesso di quello d'acquisto, ma addirittura aumentare!

Ebbene, ora sposto la mia considerazione alle parrocchie, quelle che tutti noi frequentiamo. Non le grandi basiliche o i magnifici santuari, no; quelle piccole chiesine un po' sciatte. Ebbene, l'organo è lo strumento della liturgia, non se ne esce. Bisognerebbe che fosse presente ovunque. Purtroppo, molti parroci acquistano o il non meccanico a canne -oppure se lo ritrovano come effetto di sciagurato restauro post-Vaticano2°- o, quod Deus avertat, quello senza canne (potrebbero comprare allora due pianole della Bontempi, tanto l'effetto è quello). E questi strumenti costano! Ebbene, se i parrocchiani sapessero che quello che la loro parrocchia ha comprato non ha valore ma anzi sarà fonte di spesa, non credo che sarebbero proprio ben lieti di continuare a dare il loro obolo.
Certo, io non dico che tutto sia come ho detto. Ovviamente, se si ha a che fare con un ottimo organaro, persino il non-meccanico può comportarsi come un meccanico. Ma -e sottolineo ma- per avere un buon organaro bisogna pagare e allora siamo punto e a capo.
A mio modesto avviso, per fare un buon lavoro con poca spesa, duraturo e di valore, proporrei, per queste piccole chiese, un organo meccanico di tre registri, con un manuale di estensione di 4 ottave e mezzo (magari 5) con pedale a leggio non unito sempre al manuale. In soldoni, quello che propongo io è il classico organo italiano solo con ottava estesa sia al manuale sia al pedale, con quest'ultimo libero.  Non dico che questo modello è da seguire ovunque, affermo soltanto che fra un "cesso elettronico" e questo, è di gran lunga migliore questo. Certamente scordatevi di fare il repertorio a due manuali, però si tratterebbe pur sempre di un inizio; vero è che, a scopo liturgico, un simile organo è più che sufficiente: pensiamo che un simile organo (anzi messo peggio, ossia si tratta di quello all'italiana) è quello che è stato suonato dagli organisti del Rinascimento, del Barocco e persino del Romanticismo!
Magari, un giorno, potessimo lamentarci della costante presenza di simili organo all'interno delle parrocchie: allora, vorrebbe dire che la musica liturgica avrebbe acquisito nuova dignità!

lunedì 8 agosto 2011

Tenebrae factae sunt

Sì, proprio così: "si fecero le tenebre"! Beh, lo riconosco pure io che non è il miglior modo per tornare a scrivere dopo quattro settimane, però effettivamente è quello che presagisco e vedo formarsi intorno a me. Mi spiego meglio.
Pochi giorni fa il mio parroco, raggiante in volto, mi informa che forse a settembre partirà un corso per "animatore musicale": chi "conseguirà" tale titolo sarà il responsabile parrocchiale della musica. Il ruolo di capoccia gli deriverebbe dall'aver frequentato un corso che prevede formazione musicale e liturgica. Ho sorriso perché volevo piangere: allo stato attuale, infatti, non posso permettermi né di frequentare un ulteriore corso per mancanza di tempo né di spendere altri soldi per scarsità di pecunia. Ma non solo.
Anzitutto non contemplo, all'interno della parrocchia, altra figura di "comando" che non sia il parroco; aggiungo, poi, che schifo e detesto tutti quei laici che, per mistero clericale, diventano piccoli ras parrocchiali. Se il mio parroco ha abolito la figura del sagrestano perché s'è reso conto che è un tipo di personaggio che si atteggia a antipapa (in questo caso anti-parroco), perché io dovrei sottostare ai voleri di un perfetto Sig. Nessuno?
La risposta è sempre lì: suoni per servizio. Purtroppo molte volte ho l'impressione che non ci sia la parità fra i servi, ma uno strano regime: tutti si proclamano eguali, poi però c'è sempre qualcuno che comanda e ti guida dove vuole lui e, se non fai così, quello che passa per individualista e polemico sei sempre te. Altro mistero parrocchiale!
Va be'! Proviamo a pensare che il futuro Capo-musico sia una persona "a modino". Cos'altro potrebbe rovinare l'idillio di una così perfetta-perfettissima figura? Lo scarto fra idea e azione! Anch'io, appena cominciai a suonare alla Messa, avevo tante belle idee, poi però mi trovai a scontrarmi con quelle numerose e piccole difficoltà che,nell'insieme, costituiscono un ostacolo quasi insormontabile. Non voglio dubitare della competenza del Capoccia - figuriamoci! - ma della sua competenza. Infatti, nella mia parrocchia siamo in tre a prenderci cura della musica: due ragazze suonano la chitarra, io l'organo. Se una delle due diventasse il Capoccia, non sarebbe un problema: anche loro si sono rese conto che organo e chitarre sono due mondi a parte e non possiamo fare i medesimi discorsi; ma se un altro fosse il Capo-musico, allora ci troveremmo in seria difficoltà: molti infatti fanno die bei discorsi ma non hanno esperienza. Ecco perché dubito di questa figura.
Arricchisco il piatto della discussione con un ulteriore elemento: la formazione musicale. Se parliamo di musica, come effettivamente stiamo facendo, non è da trascura la formazione musicale. E' qui, forse, che si annida la maggior difficoltà nell'istituire la figura del cosiddetto "animatore musicale". I corsi che si fanno a livello diocesano, infatti, perlopiù non sono di elevata qualità. Questa verità è manifesta a tutti coloro che si intendono di musica e, molte volte, alle stesse diocesi. Purtroppo gli insegnanti sono religiosi scarsamente formati ma imbevuti dell "spirito del Concilio" - ritorno a dire che forse è stato confuso lo Spirito con lo spirito - oppure musicisti esclusi dai conservatori e che, proprio per questo, godono di non chiara fama. Certo è che l'esclusione dal mondo accademico non necessariamente è indizio di bassa statura musicale: è noto che ogni ambiente tende a rafforzare i propri legami interni rampognando gli esclusi. A che mira, dunque, riportare la malevola diceria? A mostrare come si stia sempre più creando una frattura in seno agli organisti: a breve, temo, arriveremo a un vero scontro fra organisti diocesani e organisti accademici. Già ora i primi accusano i secondi di non aver sufficiente formazione liturgica e di essere altro rispetto all'organista di chiesa; i secondi, a loro volta, giudicano insufficiente - se non mancante - la formazione musicale dei primi e la tecnica esecutoria.
Proviamo, allora, ad analizzare questo reciproco scambio di accuse, a costo di andare fuori tema.
L'insufficiente formazione liturgica - con questo termine semplifico il concetto di una formazione che agganci la musica alla liturgia- non è cosa grave: nel giro di poco tempo, anche in maniera empirica, un discreto organista può acquisirla. In fin dei conti, si tratta di mettere la musica a servizio del rito. Ma se a mancare è la musica ( e questo è il punto di vista della maggior parte degli accademici ) allora, a mio avviso, la cosa è ben più grave. La formazione musicale, per quanto possa dispiacere, è frutto di sacrificio e studio. E non tutti possono averla. L'esecuzione, infatti, è proporzionale alla propria formazione ma pure al talento, un elemento che fino ad oggi non è stato possibile mettere in flacone e venderlo!
Qualora, pertanto, fosse questo il nocciolo del problema (formazione musicale accedemica presente o assente) per assurdo non avremmo a che fare con un problema. Da tempo immemore, infatti, nelle nostre parrocchie la competenza ha lasciato il posto al "facciamo-e-come-viene-viene", una filosofia che è positiva (perché spinge al fare costruttivo) ma che è pure negativa (perché non considera l'aspetto finale del risultato). E questa direttiva d'agire il più delle volte si sente uscire dalla bocca del parroco. Ecco perché le scuole diocesane, laddove non siano ben rette, si lasciano andare a un livello medio basso.
Dopo tutte le parole sin qui scritte, voglio ulteriormente chiarire che non mi sento un organista "finito e perfetto". No, anzi, sono appena entrato in Conservatorio...Tuttavia, in un solo anno di studio sono migliorato, a detta di chi mi conosce, e io stesso mi rendo conto di aver acquisito numerose conoscenze.
Pertanto, se divenisse Capoccia un organista "vero" non esiterei a stargli dietro e a imparare!
E in conclusione voglio chiamare nuovamente in causa il termine "servizio": se io VOLONTARIAMENTE servo, lo faccio al meglio delle mie capacità. Non accetto che un altro limiti la qualità del mio servigio perché, in termini stretti, si tratta di un discorso fra me e Dio, con buona pace dei vari capoccia!