domenica 30 settembre 2012

La posizione dell'organo (Parte 2a)


In questa seconda parte intendo passare in rassegna le critiche che avanzo alle direttive date dalla CEI. L'atteggiamento non vuol esser distruttivo, ma vuole far notare che le norme richiedono una revisione per far sì che si renda un giusto servigio alla Chiesa.

Partiamo con quanto dice ACRL:

21. Il posto del coro e dell'organo

Il coro è parte integrante dell'assemblea e deve essere collocato nell'aula, tra il presbiterio e l'assemblea; in ogni caso la posizione del coro deve essere tale da consentire ai suoi membri di partecipare alle azioni liturgiche e di guidare il canto dell'assemblea1. È bene prevedere anche un luogo specifico per l'animatore del canto dell'assemblea.

Per un miglior rispetto dei ruoli celebrativi, è bene che il coro non si collochi alle spalle del celebrante presidente, né sui gradini dell'altare antico.

Nelle chiese in cui esiste una "cantoria" di interesse storico e artistico, collocata in controfacciata o sul lati del presbiterio, essa va conservata e restaurata con la massima cura, anche se di norma non risulta idonea al servizio del coro.

Gli organi monumentali di interesse storico, specialmente quelli a trasmissione meccanica, vanno conservati, restaurati con ogni cura e utilizzati con competenza a servizio delle celebrazioni liturgiche.

Il problema...(vedi sopra).

Laddove risulti utile, si può ricorrere a un secondo organo... (vedi sopra).
Nella scelta di nuovi organi a canne, laddove è possibile, si preferiscano gli strumenti a trasmissione meccanica. Anche in questo caso, il criterio determinante per la collocazione è quello del servizio al canto liturgico dell'assemblea e del coro.


Aggiungo, per completezza altri due passaggi fondamentali, il primo proveniente da Musicam sacram e il secondo da OGMR.

22. La «schola cantorum», secondo le legittime consuetudini dei vari paesi e le diverse situazioni concrete, può esser composta sia di uomini e ragazzi, sia di soli uomini o di soli ragazzi, sia di uomini e donne, ed anche, dove il caso veramente lo richieda, di sole donne.
23. La «schola cantorum», tenendo conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo che:
a)    chiaramente appaia la sua natura: che essa cioè fa parte dell’assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio;
b) sia facilitata l’esecuzione del suo ministero liturgico[20];
c) sia assicurata a ciascuno dei suoi membri la comodità di partecipare alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale.
Quando poi la «schola cantorum» comprenda anche donne, sia posta fuori del presbiterio.




312. La schola cantorum, tenuto conto della disposizione di ogni chiesa, sia collocata in modo da mettere chiaramente in risalto la sua natura: che essa cioè è parte della comunità dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio; sia agevolato perciò il compimento del suo ministero liturgico e sia facilitata a ciascuno dei membri della schola la partecipazione sacramentale piena alla Messa.

Anzitutto partiamo col dire che non possiamo parlare di organo senza far riferimento alla schola cantorum poiché è l'organo che deve fare da appoggio ad essa e all'assemblea.  Dunque, per parlare della posizione dell'organo bisogna anzitutto trattare della posizione del coro. 
Anzitutto, possiamo escludere che il presbiterio accolga coro e organo: lo dice in nuce (cioè non esprimendosi troppo, dando per scontato molto) OGMR, lo afferma in parte MS (in parte perché si deduce che quando la schola è interamente maschile il presbiterio è accessibile), lo proclama ACRL.
Ebbene, perché non adeguarsi a quanto dice proprio l'ultimo documento e accettare che il coro è parte integrante dell'assemblea e deve essere collocato nell'aula, tra il presbiterio e l'assemblea; in ogni caso la posizione del coro deve essere tale da consentire ai suoi membri di partecipare alle azioni liturgiche e di guidare il canto dell'assemblea? Perché i documenti precedenti non dicono niente di tutto ciò. E se la CEI medesima, nelle persone dei suoi vescovi, compiono adeguamenti liturgici  in palese contrasto con quanto è scritto nel presente documento (se andate sul forum Cattoliciromani.it potrete vederlo coi vostri occhi), non vedo perché io dovrei piegare il collo e accettare bovinamente un giogo di profonda sciocchezza. Il testo della CEI presenta una notevole forzatura rispetto a quanto detto dagli altri più autorevoli documenti e ne fa una lettura superficiale. 
Se ci basiamo su OMGR e MS pensiamo che i Padri sì pensavano a una disposizione come quella ora data obbligatoria dalla CEI ma, al contempo, aprivano la porta a ad altri interventi come:
-rimozione delle grate dalle cantorie (peraltro rese obbligatorie in tempi non troppo oscuri);
-realizzazione di cantorie facilmente accessibili o esecuzione di interventi di stessa portata su quelle presenti.

Né OGMR né MS stabiliscono divieti, proprio perché dipende dalle situazioni e una soluzione non è migliore di un'altra a priori. Se prendiamo il caso delle cantorie, è ovvio che il modello non dovrà essere quello delle minuscole chiese di paese. Si realizzino cantorie larghe e spaziose, su cui chi canta sia ben visibile da parte dei fedeli, solo laddove c'è il posto, altrimenti c'è il rischio di mettere tutto davanti all'assemblea e i creare un "cuscinetto" umano senza motivo. Debbo ricordare d'aver visto che una larga cantoria di controfacciata si trova anche nelle chiese cattoliche di recente costruzione di area germanica. Ciò non fa altro che confermare le mie riserve sull'operato delle Conferenze Episcopali.
Volendo tirare una prima conclusione, si potrebbe dire che il Magistero ha detto che il coro deve mostrarsi come parte dell'assemblea e, quindi, poter partecipare agevolmente alla liturgia. Non ha dato -a ben vedere- soluzioni pratiche proprio per lo stesso motivo espresso nella prima parte di questo post, perché ogni chiesa è un mondo a parte.
La CEI invece pone un diktat, che possiamo leggere in "La progettazione di nuove chiese-nota pastorale":

15. Il posto del coro e dell'organo


Il coro fa parte dell'assemblea e deve essere collocato nell'aula dei fedeli; deve comunque trovarsi in posizione e con arredo tali da permettere ai suoi membri l'adempimento del compito proprio, la partecipazione alle azioni liturgiche e la guida del canto dell'assemblea. 
 Per ragioni foniche e funzionali, la collocazione dell'organo a canne sia studiata e progettata attentamente fin dall'inizio, tenendo conto del suo naturale collegamento con il coro e con l'assemblea.

Fatta la legge, trovato l'inganno: la cantoria è nell'aula. Sfido io a dire il contrario. Non si dice: "deve esser collocato nell'aula, tra i fedeli", ma: "deve esser collocato nell'aula dei fedeli." Quindi, se un valente architetto progetta una bella e accessibile cantoria, bisognerebbe costruirla.
Ciononostante, la CEI sembra suggerire un recupero dell'originale posizione del coro, ossia collocato nella navata proprio dinanzi al presbiterio.
Tuttavia, dovendo tracciare la storia della posizione del coro (perché -ricordiamolo- là dove c'è il coro si trova l'organo), ritengo necessario spostare tutto in una terza parte.

sabato 29 settembre 2012

La posizione dell'organo (Parte 1a)

Traggo le riflessioni che oggi espongo dalla lettura di Gian Vito Tannoia, L'organista liturgico, Stilo Editrice, Modugno 2006.
A pagina 42, alla sezione 3.3 (la posizione dell'organo, appunto), possiamo leggere quanto segue:

"313. L’organo e gli altri strumenti musicali legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possano essere facilmente ascoltati da tutti (OGMR n. 313).

Il suono viene percepito in maniera non uniforme quando le canne dell'organo sono situate sul portone d'ingresso, più o meno lontane dal presbiterio o comunque dal luogo dove si trovano animatori e corale. La migliore intesa, anche visiva, si ottiene -ovviamente- quando il corpo d'organo è nei pressi della schola e magari dell'assemblea.
Domanda: come adattare la forma e la posizione dell'organo in rapporto al nuovo modo di concepire gli edifici del culto alla luce delle esigenze della liturgia rinnovata? La nota pastorale della Commissione episcopale per la liturgia della CEI* offre spunti preziosi per la tutela degli strumenti, soprattutto quelli storici, troppo facilmente adattati e mutilati irreparabilmente in modo maldestro e superficiale:

Il problema della distanza dell'organista dal coro e dal direttore può essere risolto facendo ricorso ad opportuni accorgimenti tecnici, quali ad esempio un sistema di specchi, una telecamera a circuito chiuso, ecc. (ACRL n. 21).

E' anche possibile, quando necessario, ricorrere:

a un secondo organo di minori dimensioni, collocato in posizione utile al coro e all'assemblea, non in sostituzione ma ad integrazione dell'organo monumentale (ACRL n. 21).


*CEI, L'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, Edizioni Paoline, Roma 1996"

Anzitutto è necessaria una premessa: la mia riflessione intende muoversi su due direttrici: la critica al Tannoia e quella al documento della CEI.

Parte I: critica al M° Tannoia.

Nella parte sopra riportata, le considerazioni del musicista pugliese non mi trovano affatto d'accordo perché non le ritengo veritiere in linea generale. Non è possibile fare un discorso generico perché ogni situazione è particolare e merita una riflessione specifica: tutto, infatti, dipende dalla grandezza e dalla ripartizione interna di ogni singola chiesa. La nostra età, infatti, non vede un unico stile architettonico di chiesa, per cui risulta impossibile a priori dove stia meglio l'organo, poiché varia il numero delle navate, l'altezza del soffitto,  la forma della chiesa e del presbiterio. Insomma, ogni chiesa è un caso specifico. Possiamo solo dire che la migliore posizione dell'organo è quella dove lo strumento rende meglio e può esser suonato come indicato nelle direttive.
Ne consegue che il parere del M° Tannoia è valido solo se parliamo di una chiesa medio grande, col presbiterio assai distanziato dall'organo; in questa situazione, però, non si hanno problemi quando la chiesa risulta piena dal momento che non si creano squilibri (spazi vuoti e spazi pieni) all'interno della navata.
Volendo essere onesti, se vogliamo parlare di dove bisogna posizionare l'organo, bisogna solo dare indicazioni e mai divieti, ossia non possiamo stabilire a priori il luogo migliore ma demandare ai parroci e ai tecnici la scelta del luogo migliore per ogni singola chiesa; possiamo solo dare queste indicazioni:
-il suono dell'organo deve esser percepito in modo uniforme anche nelle messe con pochi fedeli;
-intorno alla consolle deve esserci spazio sufficiente perché prenda posto una schola cantorum.

Fatte queste precisazioni, possiamo vedere che non esiste una posizione migliore ma una soluzione migliore: per esempio, in una chiesa grande l'organo sarà preferibilmente posto nella navata, o in cornu Epistolae o in cornu Evangelii, in posizione avanzata; in una chiesa piccola, invece, può andare più che bene la controfacciata. 
Inoltre, come fa giustamente notare Tannoia, si può pensare alla costruzione di un secondo organo per i casi proprio più disperati oppure per evitare di costruire strumenti giganteschi che stridono con l'ambiente: meglio costruire due corpi d'organo (possibilmente muniti ciascuno di una propria consolle) da usarsi a seconda del numero dei fedeli a Messa.

Concludo la prima parte criticando anche la decisione di collocare il corpo d'organo presso l'assemblea e il coro. Se sommiamo tutte le direttive e facciamo il conto di quanto deve stare presso l'assemblea noteremo che non avremo più una navata con un popolo di fedeli ma un mercato del bestiame. Sembra che sia percepita solo la dimensione orizzontale, con la completa perdita di quella verticale, cosa che è una sciocchezza, prima che liturgica, architettonica: bisogna usare tutti gli spazi e le dimensioni, non bisogna sprecare nulla. Inoltre, è vero che troppe volte strumenti storici sono stati mutilati, ma bisogna pur fare una distinzione fra strumenti di prestigio e no e non bisogna chiudere il discorso: invece di intervento sulla fonica dello strumento, perché non parliamo di integrazione di nuovi corpi fonici con gli strumenti storici? Il discorso deve rimanere aperto e non morire per colpa di qualche sciocca teoria artistica.
Inoltre, non si capisce perché il corpo d'organo debba esser vicino all'organista dal momento che la trasmissione elettrica permette di distanziarlo. Mi correggo: si capisce benissimo poiché, se si va a guardare ACRL, si noterà che è da preferirsi l'organo a trasmissione meccanica. Insomma, dal momento che queste ultime direttive non sono farina di Tannoia ma della CEI, conviene affrontare il discorso in maniera separata, per meglio approfondire una questione così delicata.


mercoledì 12 settembre 2012

Catechesi musicale (I)

Dopo attenta riflessione, mi son deciso a cominciare una serie di post intitolata "Catechesi musicale", dove tenterò di spiegare quel che dice la Chiesa e quel che pensa il sottoscritto circa la musica all'interno della liturgia. Perché "catechesi" e non un altro titolo? Perché, malgrado abbia intenzione di inserire alcune mie personali idee, mi sono accorto che spesso le persone si fanno un'idea della musica sacra basata su pareri personali, talvolta risibili, e sulla mancanza di preparazione culturale (musicale, storica, religiosa) e dunque bisogna ripartire dalle basi, da un linguaggio veramente catechetico. Poiché mi sta a cuore (I care) fare chiarezza sulla materia e credo di avere competenze sufficienti da condividere, ho avvertito la stringente necessità di parlare, di comunicare, di aiutare gli altri a conoscere aspetti che sfuggono al grande pubblico; al contempo, c'è la necessità di non esprimersi come avvocati, ossia citando in continuazione documenti, articoli etc. (con buona pace della mia formazione accademica), dacché spesso un tale atteggiamento dai più è percepito come o manifestazione di spocchia o argomentazione noiosa e fumosa oppure come discorso malevolo, che costruisce una muraglia invalicabile di codicilli e latinorum per fregare gli altri: è tempo, pertanto, di usare un linguaggio "da omelia", cioè chiaro, semplice ma non insulso, di modo che tutti possano comprendere ciò che si dice in maniera chiara e limpida. Sta poi all'individuo liberamente scegliere che pensare.

Lutero era solito dire: "Non bisogna lasciare la bella musica al diavolo." Così egli esponeva la ragione per cui nella Chiesa Riformata trovava accoglimento la musica profana; a tutt'oggi, fra i riformati la frase è citata a fondamento delle loro scelte musicali.
L'eretico tedesco ha ragione nel non voler lasciare la bella musica al diavolo, tuttavia non dice quale sia la bella musica: è qui che crolla tutta la costruzione. Quante volte, infatti, abbiamo provato disgusto per una melodia che all'inizio ci pareva bella ma poi ci viene resa odiosa dall'ascoltarla più e più volte? Da dove nasce allora questa sorta di illusione? Perché ci pare che un certo pezzo sia bello per poi riscoprirlo, tempo dopo, orrendo o ridicolo? Tutto ciò avviene perché quella che ci si para davanti è sì bellezza, ma è effimera: dura poco, è fragile, deperisce presto.
Se, pertanto, come ricordano i liturgisti, la Messa è la proclamazione di lode del Signore da parte dell'assemblea dei fedeli riuniti del Suo nome e se questa "attua" la lode donando quanto ha di meglio (esattamente come quando viene a trovarci un caro amico o parente, noi lo riveriamo con quanto di meglio abbiamo), allora come possiamo fare un dono che deperisce subito?come possiamo proclamare una lode effimera, che nemmeno fa in tempo a raggiungere le orecchie del Padre ch'essa è già con le ali spezzate?
A meno di non considerare il Signore come un padre che deve subire l'egoismo dei figli e le loro scelte autoreferenziali, senza esser minimamente considerato per quel che è ma sempre e solo in funzione dei figli stessi, è evidente che così non può andare: a dircelo non è tanto la ragione, quanto il cuore.
Come fare, quindi, a distinguere la musica profana da quella sacra?  Anzitutto dobbiamo partire dall'etimologia perché solo il significato autentico delle parole e la loro genesi possono chiarire quello che ormai può risultare un termine logoro, dal valore fumoso, come in questo caso la parola "profano". Etimologicamente parlando, "profano" vuol dire "[che sta] davanti al tempio": di conseguenza, la musica profana è quella che, pur essendo noi fisicamente nel tempio del Signore, spinge la nostra mente e il nostro cuore al di fuori di esso; di contro, "sacro" è ciò che tiene avvinti alla divinità. Se, allora, ne traiamo le estreme conseguenze, la lode al Padre viene inficiata, annullata, nel momento in cui mente e cuore, anziché esser rivolti a Lui, sono rivolti a qualcosa che sta fuori del tempio, ossia a qualcosa di profano.
Sorge, logicamente, una domanda: come deve esser scritta la musica sacra? Certamente non seguendo gli stili profani, e i motivi del "divieto" ormai li conosciamo bene. Però ci viene mossa sovente la madre delle obiezioni: questo tipo di musica è brutto, bisogna fare qualcosa che piaccia alla gente. Anzitutto dobbiamo chiarire che l'antico adagio "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" si conferma veritiero. Non potrà mai esistere, se non per casi eccezionali -e sappiamo che l'eccezione conferma la regola-, unanimità di consensi per le forme artistiche e la musica, che ne è una manifestazione, non esula da tutto ciò. Essendo, quindi, il bello/brutto e il piacere/dispiacere concetti soggettivi, ne consegue che fondare, per esempio, un repertorio parrocchiale solo su questi cardini è totalmente sbagliato; bisogna però aggiungere che siamo uomini e quindi siamo portati a semplificare la percezione del mondo che ci circonda e a porci sempre in primo piano, non mettendoci nei panni altrui, per cui il bello e il piacere ci seducono sempre. 
A dire il vero questo dovrebbe essere un problema che coinvolge gli specialisti, ossia chi compone musica; chi si limita a suonare/cantare a Messa, magari privo di formazione sia musicale sia liturgica, dovrebbe seguire le norme e affidarsi ai canzonieri approvati dalle autorità ecclesiastiche. Purtroppo, però, vediamo o figure "non professionali" che ardiscono a giudicare forme e stili musicali, senza spesso conoscerle bene e fanno cantare all'assemblea cose assolutamente profane "perché piacciono" (sì, a loro) e di stampo giovanilistico (sulla cui musicalità "giovane" ci sarebbe molto da dire) o persone con una certa cultura che, per difesa e reazione, si arroccano su pozioni uguali e contrarie, ossia sulla scelta di due/tre autori, il cui unico pregio è l'esser morti. Come può esserci, allora, unione nel popolo dei fedeli se coloro che dovrebbero dare l'esempio si fanno la guerra? Come possono aver qualcosa da insegnare le persone di cultura se esse compiono i medesimi errori di quelli non acculturati?
Anzitutto, la divisione non va mai bene, ma bisogna valutare caso per caso; è, però, pure vero che lo scontro  ha una sua ragion d'essere solo quando giuste sono le sue fondamenta, ossia l'applicazione di tutte quelle norme che regolano la presenza del canto nella liturgia e parlano di musica sacra. Se, da un lato, il dialogo deve esser sempre perseguito -e, con chi ragiona "di pancia", per meglio raggiunger l'obbiettivo di solito conviene non citare leggi e leggine, ma esporre il motivo a base delle leggi- è comunque fuor di dubbio che bisogna arrivare a un risultato, sennò quello che chiamiamo dialogo è in verità un prendersi in giro. Solo se la persona con cui si dialoga si dimostra intransigente, allora uno scontro potrebbe apparire giustificabile, ma che guadagneremmo? L'unica arma è la perseveranza oppure, se proprio siamo esasperati, andare via ma senza far rumore.
Fermiamoci brevemente su quest'ultima frase: andare via ma senza far rumore. Quante persone non vediamo più nella nostra parrocchia perché, a causa di dissidi, se ne sono andate? Quante se ne vanno sentendosi escluse poiché tutto viene scelto a piacimento di pochi? Come evitare di sbagliare anche noi? La Chiesa s'è rivelata assai saggia: parlando di musica sacra ha tagliato la testa al toro, ossia ha detto che in chiesa, per evitare le divisioni causate dai diversi gusti, si faccia solo un tipo di musica, che sia oggettivamente diversa da quella "mondana", e che come tale sia percepita. E' in questa diversità che spinge l'uomo a concentrarsi tutto su Dio che risiede l'autentica bellezza: solo quando tempo e spazio sembrano annullarsi poiché sostituiti dalla dimensione della lode al Padre (e non vogliamo far altro che stare tutti insieme lì a cantare, pieni di Spirito), allora siamo dinanzi a vera musica sacra, a vera musica bella Solo ricorrendo alla musica sacra, infatti, l'assemblea percepisce che in chiesa non c'è posto per i soggettivismi imperanti di alcuni, ma siamo tutti uniti; ovviamente poi la musica sacra non è tutta uguale, omogenea, dal momento che pure essa risente di stili e mode, ma queste -in tutta franchezza- son finezze che potranno esser acquisite col tempo e su cui, ora come ora, non vale la pena dilungarci.
In conclusione, chi ha compiti che hanno che vedere con la musica nella liturgia, deve anzitutto far uso di tre doti: umiltà, fiducia, pazienza. Umiltà verso chi, pur essendo di diverso parere, spende tempo per la chiesa (magari da più tempo) e verso chi prova a dare mano, malgrado i risultati; fiducia verso il Magistero e i repertori approvati dai vescovi (anche se non sono il massimo sono un buon inizio) poiché ambedue i termini non sono malevoli ma parlano per il bene dei fedeli; pazienza verso chi mette i bastoni fra le ruote e si oppone fortemente a quest'opera di restaurazione liturgica.


venerdì 7 settembre 2012

Avviso

Ho deciso di cancellare il post "Quei soldi andavan mandati in Africa": ha causato sofferenza e quindi risulta solo nocivo. Ho, però, intenzione di recuperarne al più presto la tematica di fondo, ossia se sia giusto o meno recuperare un organo che -difatti- torna a suonare solo in occasione di concerti e non all'interno della liturgia.

martedì 4 settembre 2012

Il peso delle azioni


In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». (Matteo VII, 1-5)



Chi è avvezzo a partecipare alla Messa cattolica ben si ricorda la versione 
italiana del Confiteor, che presente la frase: "ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni".
Orbene, non è che mi sono trasformato in web-predicatore e per questo ho deciso di riportare quanto sopra: questo post, infatti, vuole essere una pubblica dichiarazione di scuse.
Con l'ultimo articoletto (Quei soldi andavan mandati in Africa!) ho fatto un gran minestrone, buglione, polpettone di elementi; purtroppo, il sapore di quelli sani è stato inevitabilmente compromesso da quelli avariati. Rivendico come obiezione sensata pensare, quando si parla del restauro di un organo, al futuro e reale utilizzo che si farà dello strumento. Forse, avanzo un'idea, in questi casi bisognerebbe rovesciare il motto cavouriano e fare prima gli italiani e poi l'Italia, ossia prima creare l'ambiente più adatto per il dialogo con lo strumento e poi restaurare lo strumento. E qui è riassunta la pars costruens (seppur presentata come destruens). L'ingrediente avariato, invece, è il ricamo ad personam costruito intorno a un argomento che, di per sé, è autonomo e sa reggersi in piedi senza che lo si puntelli con l'Accusa ed il Discredito.
Qualcuno potrebbe dire che nell'ambiente del web i toni si esasperano facilmente perché inconsciamente ci rendiamo conto che non affrontiamo  faccia a faccia le cose, ma ci pariamo dietro uno schermo luminoso e -pertanto- sarei in parte giustificato. No, mi spiace, rinuncio a tale attenuante, ne va della mia intelligenza (almeno fino ad oggi ritenevo d'averne, non da vendere, ma in maniera sufficiente).
Perché allora ho scritto un pamphlet così acido e velenoso? Anzitutto perché ho uno "spirto guerrier ch'entro mi rugge" e poi perché ho contravvenuto alla regola aurea: non giudicare (Gesù a parte, se tutto il pianeta lo facesse si starebbe tre volte meglio). La coppia è veramente terribile, Bonnie e Clyde non son nulla a confronto e fanno meno danni. In riferimento a una sola persona, mi son permesso di giudicarne i trascorsi, la psiche, il comportamento e la moralità. Chi scrive non è allora un uomo presuntuoso, ma un padreterno malevolo! Il tutto è ancora più infamante dacché la persona in questione non ha la possibilità di offrire una replica altrettanto incisiva come un articolo, per quanto questo blog sia volutamente privo dell'approvazione per i commenti. 
Mi potrei beccare una querela? Nomi non ne ho fatti, ma a me questo non interessa. Diciamo che se uno si preoccupa solo delle querele è un coglione. Sì, perché non si rende conto che alla base di una probabile e futuribile querela c'è un rapporto chiuso, spezzato.
Nei momenti di rabbia è facile, almeno per me, sbagliare "in pensieri, parole, opere". Sbaglio così bene che non ometto nulla! Il problema è che, quando uno ha sbollito la rabbia, si rende conto che 2/3 di quanto pensato detto fatto sia stato un totale annubilamento della ragione, frutto di una coscienza che non s'apre al confronto ma si chiude su sé stessa, e più si chiude più partorisce pensieri involuti e questi fanno sì che la cosa continui per diverso tempo.
Se allora questa è la mia vicenda, al lettore che gliene cale? beh, col senno di poi posso solo dire che l'organista deve esser sempre musicista, ossia deve mostrare la qualità principe di chi suona: l'onestà, senza la quale non si può ambire a credibilità e fiducia. Meglio calare tutti le carte che fare sempre buon viso a cattivo gioco e tenersi un fegato ingrossato che produce solo bile (per la metafora ringraziate Persio). Avere fiducia è una scommessa con il Nulla, ma è la stessa che tutti noi facciamo quando ci sediamo a suonare: speriamo che vada tutto bene, speriamo che non si rompa un tirante all'improvviso, che non salti l'alimentazione dell'elettroventola, che non rimangano incantati i registri etc.
Concludo rinnovando la mia richiesta di scuse al diretto interessato, a quel convitato di pietra sempre qui mai nominato ma che non ha un cuore di pietra e che pertanto è un uomo esattamente come me, un uomo che gioisce, soffre, sbaglia, agisce rettamente. Un uomo. 

P.S. Il famoso libro più volte accennato è


Il corale. Nello stile di Heinrich Schütz e Johann Sebastian Bach 
Ulrich Kaiser (Autore), G. Fanutti (Redattore), A. Piani (Redattore), E. Dandolo (Traduttore)


Non mi risulta disponibile da nessuna parte. Non avevo scritto il nome per paura che qualcuno si assicurasse l'unica copia a disposizione.
Ho recentemente finito di leggere (bastano sì e no 120 minuti per farlo)

G. V. Tannoia, L'organista liturgico, Stilo editrice 2009

un libro interessante perché dà consigli pratici. Specie per chi è alle prime armi è una manna dal cielo; l'unico difetto è che il sig. Tannoia scrive avendo sotto le mani un organo a 2 tastiere con pedaliera autonoma, senza considerare che l'Italia ha una cosina che si chiama "organo italiano" che fa saltare la gran parte dei suggerimenti dati. Vedremo di rimediare.


P. P. S.Perché non eliminare l'articoletto incriminato? Perché "quel che è fatto è fatto" e questa voglio che sia la filosofia del blog. Non deve essere perfetto, deve esser vissuto. Tuttavia, come ben si comprende, dati i motivi su indicati, qualora mi venisse chiesto, non potrei non procedere alla cancellazione del post.