Traggo le riflessioni che oggi espongo dalla lettura di Gian Vito Tannoia, L'organista liturgico, Stilo Editrice, Modugno 2006.
A pagina 42, alla sezione 3.3 (la posizione dell'organo, appunto), possiamo leggere quanto segue:
"313. L’organo e gli altri strumenti musicali legittimamente ammessi siano collocati in luogo adatto, in modo da poter essere di appoggio sia alla schola sia al popolo che canta e, se vengono suonati da soli, possano essere facilmente ascoltati da tutti (OGMR n. 313).
Il suono viene percepito in maniera non uniforme quando le canne dell'organo sono situate sul portone d'ingresso, più o meno lontane dal presbiterio o comunque dal luogo dove si trovano animatori e corale. La migliore intesa, anche visiva, si ottiene -ovviamente- quando il corpo d'organo è nei pressi della schola e magari dell'assemblea.
Domanda: come adattare la forma e la posizione dell'organo in rapporto al nuovo modo di concepire gli edifici del culto alla luce delle esigenze della liturgia rinnovata? La nota pastorale della Commissione episcopale per la liturgia della CEI* offre spunti preziosi per la tutela degli strumenti, soprattutto quelli storici, troppo facilmente adattati e mutilati irreparabilmente in modo maldestro e superficiale:
Il problema della distanza dell'organista dal coro e dal direttore può essere risolto facendo ricorso ad opportuni accorgimenti tecnici, quali ad esempio un sistema di specchi, una telecamera a circuito chiuso, ecc. (ACRL n. 21).
E' anche possibile, quando necessario, ricorrere:
a un secondo organo di minori dimensioni, collocato in posizione utile al coro e all'assemblea, non in sostituzione ma ad integrazione dell'organo monumentale (ACRL n. 21).
*CEI, L'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, Edizioni Paoline, Roma 1996"
Anzitutto è necessaria una premessa: la mia riflessione intende muoversi su due direttrici: la critica al Tannoia e quella al documento della CEI.
Parte I: critica al M° Tannoia.
Nella parte sopra riportata, le considerazioni del musicista pugliese non mi trovano affatto d'accordo perché non le ritengo veritiere in linea generale. Non è possibile fare un discorso generico perché ogni situazione è particolare e merita una riflessione specifica: tutto, infatti, dipende dalla grandezza e dalla ripartizione interna di ogni singola chiesa. La nostra età, infatti, non vede un unico stile architettonico di chiesa, per cui risulta impossibile a priori dove stia meglio l'organo, poiché varia il numero delle navate, l'altezza del soffitto, la forma della chiesa e del presbiterio. Insomma, ogni chiesa è un caso specifico. Possiamo solo dire che la migliore posizione dell'organo è quella dove lo strumento rende meglio e può esser suonato come indicato nelle direttive.
Ne consegue che il parere del M° Tannoia è valido solo se parliamo di una chiesa medio grande, col presbiterio assai distanziato dall'organo; in questa situazione, però, non si hanno problemi quando la chiesa risulta piena dal momento che non si creano squilibri (spazi vuoti e spazi pieni) all'interno della navata.
Volendo essere onesti, se vogliamo parlare di dove bisogna posizionare l'organo, bisogna solo dare indicazioni e mai divieti, ossia non possiamo stabilire a priori il luogo migliore ma demandare ai parroci e ai tecnici la scelta del luogo migliore per ogni singola chiesa; possiamo solo dare queste indicazioni:
-il suono dell'organo deve esser percepito in modo uniforme anche nelle messe con pochi fedeli;
-intorno alla consolle deve esserci spazio sufficiente perché prenda posto una schola cantorum.
Fatte queste precisazioni, possiamo vedere che non esiste una posizione migliore ma una soluzione migliore: per esempio, in una chiesa grande l'organo sarà preferibilmente posto nella navata, o in cornu Epistolae o in cornu Evangelii, in posizione avanzata; in una chiesa piccola, invece, può andare più che bene la controfacciata.
Inoltre, come fa giustamente notare Tannoia, si può pensare alla costruzione di un secondo organo per i casi proprio più disperati oppure per evitare di costruire strumenti giganteschi che stridono con l'ambiente: meglio costruire due corpi d'organo (possibilmente muniti ciascuno di una propria consolle) da usarsi a seconda del numero dei fedeli a Messa.
Concludo la prima parte criticando anche la decisione di collocare il corpo d'organo presso l'assemblea e il coro. Se sommiamo tutte le direttive e facciamo il conto di quanto deve stare presso l'assemblea noteremo che non avremo più una navata con un popolo di fedeli ma un mercato del bestiame. Sembra che sia percepita solo la dimensione orizzontale, con la completa perdita di quella verticale, cosa che è una sciocchezza, prima che liturgica, architettonica: bisogna usare tutti gli spazi e le dimensioni, non bisogna sprecare nulla. Inoltre, è vero che troppe volte strumenti storici sono stati mutilati, ma bisogna pur fare una distinzione fra strumenti di prestigio e no e non bisogna chiudere il discorso: invece di intervento sulla fonica dello strumento, perché non parliamo di integrazione di nuovi corpi fonici con gli strumenti storici? Il discorso deve rimanere aperto e non morire per colpa di qualche sciocca teoria artistica.
Inoltre, non si capisce perché il corpo d'organo debba esser vicino all'organista dal momento che la trasmissione elettrica permette di distanziarlo. Mi correggo: si capisce benissimo poiché, se si va a guardare ACRL, si noterà che è da preferirsi l'organo a trasmissione meccanica. Insomma, dal momento che queste ultime direttive non sono farina di Tannoia ma della CEI, conviene affrontare il discorso in maniera separata, per meglio approfondire una questione così delicata.
Inoltre, non si capisce perché il corpo d'organo debba esser vicino all'organista dal momento che la trasmissione elettrica permette di distanziarlo. Mi correggo: si capisce benissimo poiché, se si va a guardare ACRL, si noterà che è da preferirsi l'organo a trasmissione meccanica. Insomma, dal momento che queste ultime direttive non sono farina di Tannoia ma della CEI, conviene affrontare il discorso in maniera separata, per meglio approfondire una questione così delicata.
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