Con quest'articolo voglio terminare la riflessione sul documento cardine del Concilio Vaticano II, la Sacrosanctum Concilium. Leggiamo:
Missione dei compositori
121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori « scholae cantorum », ma che convengano anche alle « scholae » minori, e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.
Anche in questo caso dobbiamo, purtroppo, constatare che la brevità del documento è andata, scusate la rima, a nocumento della materia: infatti, quali sono le caratteristiche della vera musica sacra? E poi, che vuol dire I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche, se la stessa Scrittura è comune a Ebrei, Ortodossi, Luterani, Calvinisti, Anabattisti etc.?
Per quanto concerne l'ultimo interrogativo, sono andato a consultare il testo originale, quello in latino. Volevo vedere se quell'"anzi" fosse stato un banale errore di traduzione. E infatti non lo è. Alla luce di tale minuscola parola, dobbiamo allora riflettere in modo più profondo. Si vuol superare la cattolicità per raggiungere la cristianità? oppure si afferma che la cattolicità è già presente nelle Scritture?
Per quel che vedo io, tutt' e due le domande trovano una risposta positiva. E' innegabile la presenza di canti e musiche, ai giorni nostri, che fanno parte non della nostra tradizione, bensì di quella di altri popoli. Si va dal repertorio delle chiese nere d'America fino a canti ebraici. Inoltre, i canti "più sentiti" prendono le mosse da parafrasi -più o meno libere- della Scrittura.
Tutto questo è molto bello perché permette di aprirsi al mondo, tuttavia è inadatto a certi momenti. Un esempio: non ci sarebbe nulla di male a eseguire un repertorio vasto (dai canti blues agli inni ortodossi) magari ad una celebrazione internazionale, ad un convegno ecumenico, alla GMG. Ma la Santa Messa di tutte le domeniche celebrata nel paesino più sperduto dell'Appennino Centrale come può essere animata dai canti zulù? come può? E' logico e antropologicamente più corretto che le singole comunità non si vergognino a coltivare un proprio modus cantandi , un modus che affonda le sue radici nel patrimonio culturale dei singoli gruppi. E' per questo motivo, allora, che il punto 119, quello sulle missioni, vale per tutto l'Orbe! Come in Amazzonia così in riva al Tirreno ogni comunità ha prodotto una propria tradizione, che, solo per il motivo d'esser giunta ai nostri giorni, merita tutto il rispetto possibile.
Tornando, dunque, a parlare più strettamente del punto 120, la composizione, allora non possiamo non renderci conto che quanto consigliato non è molto applicato. Non esiste più la musica sacra, non esiste un ruolo forte della dottrina cattolica (quante volte si sentono sacerdoti cattolici che abbracciano posizioni dei riformati!), e in conseguenza della mancanza di questi due pilastri, la musica da chiesa degrada verso il basso, tanto che ormai è un vero caos.
Mi si permetta un accenno polemico. Chi ha curato il recente "repertorio nazionale canti per la liturgia" -vedi link http://www.elledici.org/it/libreria/dettaglio.php?AREA=elledici&CODICE=04294 -, non ha mai suonato l'organo. Dico questo perchè il volume organistico ha un formato A4, mentre il formato classico organistico è Album -un A4 rovesiato- poichè gli organi storici, per la gran parte, hanno un leggio basso. Visto che in Italia abbiamo uno splendido e vasto patrimonio di organi storici, anche il più stolto degli stolti avrebbe certamente compreso che il formato Album non solo era più "classico", ma anche più logico!
Messe da parte le polemiche, arriviamo a parlare del caos musicale, in riferimento alla composizione. Tutti, ne sono convinto, si saranno resi conto che la gran parte dei canti maggiormente eseguiti nelle parrocchie italiane ha un andamento, un ritmo e un gusto per certe sonorità che vanno dagli anni '70 agli anni '80, passando per la copia spudorata di qualche melodia celebre "mondana" -pop, rock, etc.. Tranne l'opera di Mons. Frisina (che deve esser rispettato,anche se non piace, in virtù della sua preparazione), questo è quello che gli organisti perlopiù devono suonare.
E' lampante, allora, che chi compone appartiene ad una certa stagione e non vuol andar avanti. Per assurdo, i progressisti sono i più conservatori. Senza le sonorità ed i testi che essi promuovono, la Chiesa, pensano e gridano, tornerà nel più buio Medio Evo!
Secondo me, invece, non accetano di invecchiare e che tutto passa, si modifica, malgrado il nostro volere. La loro contrarietà ha alla base anche il fatto che, se si prendesse in esame un'altra rotta per la musica sacra, vedremmo quanto poco si è fatto sino ad oggi, quanto tanto si è fatto per distruggere ciò che avevamo. Non abbiamo ristrutturato il Tempio, l'abbiamo raso al suolo pensando che la nostra costruzione risultasse più bella solo eliminando quella precedente.
In realtà, abbiamo edificato solo stamberghe fatiscenti, belle, forse, solo quando furon tirate su.
Dobbiamo, allora, insistere sulla preparazione musicale e storico-musicale dei nuovi compositori; dobbiamo valorizzare il nuovo e il vecchio con sentimento di restauratore e non di palazzinaro; dobbiamo impegnarci nella serietà in ciò che facciamo, e non nella serità di ciò che facciamo. Già con questo piccolo cambio di prospettiva, l'individuo si rende conto della natura -più o meno bella- della musica che va fare.
lunedì 31 maggio 2010
Ripartire dall'inizio (atto III)
domenica 30 maggio 2010
Ripartire dall'inizio (atto II)
Rileggendo il precedente post, mi è sembrato che l'argomento sia stato impostato bene ma affrontato peggio. Manca un approfondimento dei punti 2 e 3 della "Sacrocanctum Concilium".
Al punto 2) si caldeggia, nella Chiesa latina, il primato dell'organo a canne, tuttavia si ammette anche l'utilizzo di altri strumenti "purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli".M a che significa l'espressione direttamente citata dal testo? O nulla o qualcosa che stride col senso comune di musica di chiesa. Se ammettessimo la prima opzione, peccheremmo di presunzione: ogni singola parola di questo documento è stata frutto di accese discussioni e molto sudore. Quindi, bisogna ammettere la giustezza della seconda possibilità: i Padri Conciliari pensavano che non tutti gli strumenti fossero adatti!
Appurato questo fatto dobbiamo interrogarci su quali strumenti siano inadatti. Il Concilio fu ben attento a non stilare un lista di "strumenti proibiti": ogni epoca, infatti, uccide strumenti e ne produce di nuovi. Purtroppo, lo stesso Concilio, in queste poche parole, risulta un po' troppo generico per chi volesse seriamente applicarne i dettami e allora l'unica pietra di paragone diviene il gusto del sacerdote. Perchè la chitarra dovrebbe essere meno adatta dell'organo? Perchè non potrebbe esser suonato il tamburello?
A mio modestissimo avviso non possiamo risolvere il problema basandosi solo su queste magre parole. Ciò che è dato per scontato, infatti, è stato dimenticato e ora bisogna tentare di ritrovarlo.
Alla base di questo articolo della Costituzione Conciliare v'è la cosiddetta "riforma ceciliana" - della quale parlerò meglio in seguito - nata molto tempo prima del Concilio medesimo. E' solo se facciamo riferimento ai dettami di questa "riforma" che, allora, possiamo comprendere e attuare quanto sopra prescritto.
Questo movimento di rinnovamento musicale voleva riportare la polifonia rinascimentale ed il gregoriano nuovamente in chiesa e voleva, al contempo, che l'assemblea partecipasse col canto, in risposta a due secoli di musica operistica padrona della Santa Messa, un genere che, per sua natura, estrometteva i fedeli e faceva pensare al "mondo" piuttosto che al "cielo".
Se facciamo il paragone con la situazione odierna, scopriamo che anche noi dobbiamo attuare tale riforma: la musica operistica un tempo, infatti, rappresentava la musica mondana, quella del divertimento serale, dei momenti di ritrovo, e tale è la natura prevalente della musica che viene eseguita, oggigiorno, nei luoghi sacri. Quello che manca è una musica che non sia mondana, una musica che vive solo nell'ambito della chiesa. Un genere del genere rappresenta un isolamento non dal mondo, ma dal "mondo", ossia tutte quelle passioni che dovrebbero fermarsi sul sagrato del luogo sacro.
Vedo che anche questo post risulta piuttosto lungo, per questo motivo rimando un più serio esame del punto 3) del documento conciliare ad altro tempo.
Al punto 2) si caldeggia, nella Chiesa latina, il primato dell'organo a canne, tuttavia si ammette anche l'utilizzo di altri strumenti "purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli".M a che significa l'espressione direttamente citata dal testo? O nulla o qualcosa che stride col senso comune di musica di chiesa. Se ammettessimo la prima opzione, peccheremmo di presunzione: ogni singola parola di questo documento è stata frutto di accese discussioni e molto sudore. Quindi, bisogna ammettere la giustezza della seconda possibilità: i Padri Conciliari pensavano che non tutti gli strumenti fossero adatti!
Appurato questo fatto dobbiamo interrogarci su quali strumenti siano inadatti. Il Concilio fu ben attento a non stilare un lista di "strumenti proibiti": ogni epoca, infatti, uccide strumenti e ne produce di nuovi. Purtroppo, lo stesso Concilio, in queste poche parole, risulta un po' troppo generico per chi volesse seriamente applicarne i dettami e allora l'unica pietra di paragone diviene il gusto del sacerdote. Perchè la chitarra dovrebbe essere meno adatta dell'organo? Perchè non potrebbe esser suonato il tamburello?
A mio modestissimo avviso non possiamo risolvere il problema basandosi solo su queste magre parole. Ciò che è dato per scontato, infatti, è stato dimenticato e ora bisogna tentare di ritrovarlo.
Alla base di questo articolo della Costituzione Conciliare v'è la cosiddetta "riforma ceciliana" - della quale parlerò meglio in seguito - nata molto tempo prima del Concilio medesimo. E' solo se facciamo riferimento ai dettami di questa "riforma" che, allora, possiamo comprendere e attuare quanto sopra prescritto.
Questo movimento di rinnovamento musicale voleva riportare la polifonia rinascimentale ed il gregoriano nuovamente in chiesa e voleva, al contempo, che l'assemblea partecipasse col canto, in risposta a due secoli di musica operistica padrona della Santa Messa, un genere che, per sua natura, estrometteva i fedeli e faceva pensare al "mondo" piuttosto che al "cielo".
Se facciamo il paragone con la situazione odierna, scopriamo che anche noi dobbiamo attuare tale riforma: la musica operistica un tempo, infatti, rappresentava la musica mondana, quella del divertimento serale, dei momenti di ritrovo, e tale è la natura prevalente della musica che viene eseguita, oggigiorno, nei luoghi sacri. Quello che manca è una musica che non sia mondana, una musica che vive solo nell'ambito della chiesa. Un genere del genere rappresenta un isolamento non dal mondo, ma dal "mondo", ossia tutte quelle passioni che dovrebbero fermarsi sul sagrato del luogo sacro.
Vedo che anche questo post risulta piuttosto lungo, per questo motivo rimando un più serio esame del punto 3) del documento conciliare ad altro tempo.
sabato 29 maggio 2010
Ripartire dall'inizio
La musica sacra nelle missioni
119. In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale. A questa musica si dia il dovuto riconoscimento e il posto conveniente tanto nell'educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adattare il culto alla loro indole, a norma degli articoli 39 e 40. Perciò, nella formazione musicale dei missionari si procuri diligentemente che, per quanto è possibile, essi siano in grado di promuovere la musica tradizionale di quei popoli, tanto nelle scuole, quanto nelle azioni sacre.
L'organo e gli strumenti musicali
120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli.
Missione dei compositori
121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori « scholae cantorum », ma che convengano anche alle « scholae » minori, e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.
Il testo qui proposto proviene dalla "Sacrosanctum Conculium", la costituzione conciliare della riforma liturgica della Chiesa Cattolica Romana alla luce del Vaticano II.
La citazione prende le mosse da un riferimento alla musica nelle missioni. Perché? Perchè, a mio avviso, il nocciolo del problema musical-liturgico che investe il nostro tempo è qui esposto. Si dice, infatti, che in alcune regioni la tradizione musicale, per quanto possa aver accompagnato altre liturgie, è connaturata quasi al sentimento religioso e pertanto si consiglia, per meglio evangelizzare, il rispetto e la valorizzazione di questo patrimonio. Ora, se ciò vale per l'amerindio o il polinesiano, quale motivo vieta che il discorso possa applicarsi anche al nostro settore di mondo? Penso nessun motivo! Con questo, non voglio dire che bisogna continuare in perpetuo a cantare i canti d'un tempo, affermo solo che bisogna afferrarne il rapporto che essi avevano con la società. Solo così facendo potremo veramente fare musica sacra, altrimenti faremo solo musica in luoghi sacri.
Tanto è vero questo discorso che al punto successivo i Padri Conciliari affermano:"Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti". Anch'essi, dunque, erano del parere che il fine della musica è l'elevazione. Come possiamo mai elevarci se ascoltiamo una bella musica ritmata, un giro d'accordi da sballo, un pezzo che ricorda tanto quella canzone che si è ballato la sera prima? Non possiamo rifugiarci nella scusa della semplicità ("bisogna far le cose in modo semplice,vicino alla gente!). Non c'è nulla di male a offrire al proprio Dio la miglior preparazione musicale, le migliori pagine di musica; L'ostentazione di semplicità, che si colora quasi di ridicolo, soffoca il giusto monito all'austerità. Quello che manca da troppo tempo alle parrocchie cattoliche non è un coro di 45 elementi che canti tutta la polifonia Tardo-rinascimentale: quello che manca è gente che sappia leggere uno spartito e abbia voglia di fare altro all'infuori del Gen (Rosso o Verde), senza per questo dover impegnarsi nella "Missa Papae Marcelli" del da Palestrina.
"I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche". Così parlano i Padri Conciliari. Ma con il senno di poi possiamo ben dire che il concilio è rimasto inascoltato. Pochi sono i canti che risultano essere trasposizioni -magari leggermente ritoccate- di testi sacri. Quanti sono, invece, i canti che prendono dalle Scritture solo qualche parola (mare, amore, deserto, locusta, barca) per inserirla in un contesto assolutamente diverso, profondamente alterato!
Spero che la lettura di questo post possa far riflettere qualcuno, tanto da spingerlo a scrivere un commento. Anche le critiche vanno bene, l'importante è la partecipazione!
119. In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale. A questa musica si dia il dovuto riconoscimento e il posto conveniente tanto nell'educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell'adattare il culto alla loro indole, a norma degli articoli 39 e 40. Perciò, nella formazione musicale dei missionari si procuri diligentemente che, per quanto è possibile, essi siano in grado di promuovere la musica tradizionale di quei popoli, tanto nelle scuole, quanto nelle azioni sacre.
L'organo e gli strumenti musicali
120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all'uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l'edificazione dei fedeli.
Missione dei compositori
121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che possano essere cantate non solo dalle maggiori « scholae cantorum », ma che convengano anche alle « scholae » minori, e che favoriscano la partecipazione attiva di tutta l'assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.
Il testo qui proposto proviene dalla "Sacrosanctum Conculium", la costituzione conciliare della riforma liturgica della Chiesa Cattolica Romana alla luce del Vaticano II.
La citazione prende le mosse da un riferimento alla musica nelle missioni. Perché? Perchè, a mio avviso, il nocciolo del problema musical-liturgico che investe il nostro tempo è qui esposto. Si dice, infatti, che in alcune regioni la tradizione musicale, per quanto possa aver accompagnato altre liturgie, è connaturata quasi al sentimento religioso e pertanto si consiglia, per meglio evangelizzare, il rispetto e la valorizzazione di questo patrimonio. Ora, se ciò vale per l'amerindio o il polinesiano, quale motivo vieta che il discorso possa applicarsi anche al nostro settore di mondo? Penso nessun motivo! Con questo, non voglio dire che bisogna continuare in perpetuo a cantare i canti d'un tempo, affermo solo che bisogna afferrarne il rapporto che essi avevano con la società. Solo così facendo potremo veramente fare musica sacra, altrimenti faremo solo musica in luoghi sacri.
Tanto è vero questo discorso che al punto successivo i Padri Conciliari affermano:"Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l'organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti". Anch'essi, dunque, erano del parere che il fine della musica è l'elevazione. Come possiamo mai elevarci se ascoltiamo una bella musica ritmata, un giro d'accordi da sballo, un pezzo che ricorda tanto quella canzone che si è ballato la sera prima? Non possiamo rifugiarci nella scusa della semplicità ("bisogna far le cose in modo semplice,vicino alla gente!). Non c'è nulla di male a offrire al proprio Dio la miglior preparazione musicale, le migliori pagine di musica; L'ostentazione di semplicità, che si colora quasi di ridicolo, soffoca il giusto monito all'austerità. Quello che manca da troppo tempo alle parrocchie cattoliche non è un coro di 45 elementi che canti tutta la polifonia Tardo-rinascimentale: quello che manca è gente che sappia leggere uno spartito e abbia voglia di fare altro all'infuori del Gen (Rosso o Verde), senza per questo dover impegnarsi nella "Missa Papae Marcelli" del da Palestrina.
"I testi destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche". Così parlano i Padri Conciliari. Ma con il senno di poi possiamo ben dire che il concilio è rimasto inascoltato. Pochi sono i canti che risultano essere trasposizioni -magari leggermente ritoccate- di testi sacri. Quanti sono, invece, i canti che prendono dalle Scritture solo qualche parola (mare, amore, deserto, locusta, barca) per inserirla in un contesto assolutamente diverso, profondamente alterato!
Spero che la lettura di questo post possa far riflettere qualcuno, tanto da spingerlo a scrivere un commento. Anche le critiche vanno bene, l'importante è la partecipazione!
venerdì 28 maggio 2010
Salve a tutti
Salve a tutti quanti avranno modo di leggere in questo spazio della rete. Ho sentito la necessità di questo blog perchè l'argomento mi sembra serio, ma trascurato. Tutto quello che qui sarà scritto vorrà essere una riflessione sul ruolo della Musica Sacra all'interno della Liturgia ( io faccio riferimento a quella Cattolica Romana, ma esperienze di altre confessioni sono ben accette!), un dialogo con voi tutti. Mi piacerebbe che la gente partecipasse, si confrontasse alla luce delle proprie idee ed esperienze e sapesse condividere tutto quanto con i lettori.
In attesa di qualche articolo, Vi saluto caramente.
In attesa di qualche articolo, Vi saluto caramente.
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