martedì 31 agosto 2010

Bernardo Pasquini: un ritratto a brevi pennellate a trecento anni dalla sua scomparsa

Scrisse Francesco Gasparini: "Chi averà ottenuta la sorte di praticare, o studiare sotto la scuola del famosissimo Sig. Bernardo Pasquini in Roma, o chi almeno l’avrà inteso o veduto sonare, avrà potuto conoscere la più vera, bella e nobile maniera di sonare e di accompagnare"

Anzitutto chiedo venia per la latitanza dal blog. Confesso che la promessa di scrivere qualcosa sul Pasquini mi ha un po' intimorito. Che dire di nuovo? Niente! La mia piccola parte sarà quella di dire le cose il più terra terra possibile, in virtù di una facile lettura per tutti, anche per chi non ama la storia della musica.
Bernardo Pasquini nasce a Massa (in Valdinievole, oggi parte della provincia di Pistoia), nel 1637.
Apprende i primi rudimenti musicali da un prete del vicino paese di Uzzano. In giovane età viene condotto a Ferrara da uno zio e là sarà organista presso la celebre "Accademia della morte", presso cui, pochi anni addietro, avevano prestato servizio Girolamo Frescobaldi e Luzzasco Luzzaschi. In seguito (1650) si trasferisce a Roma per completare gli studi con A.Cesti. Nella Città Eterna trovò incarico come organista prima presso Santa Maria in Vallicella poi presso Santa Maria Maggiore e Santa Maria in Ara Coeli (l'incarico presso l'ultima chiesa nominata sarà conservato sino alla morte).
Nella sua vita "romana" il Pasquini si inserisce pienamente nel più grande fenomeno culturale italiano del tempo, l'Accademia dell'Arcadia. Insieme ad Arcangelo Corelli e ad Alessandro Scarlatti, fu il primo musicista a prender parte al fenomeno arcadico. Certo, anche le sue frequentazioni lo ponevano al centro della vita culturale romana: dal 1666 divenne, infatti, cembalista di camera dei principi Borghese e, poi, frequentava i palazzi dei potenti Chigi, degli Ottoboni e dei Pamphilj; a queste frequentazioni si aggiunse anche il servizio presso la regina Cristina di Svezia. Fra i suoi allievi, in ultima analisi, sono dunque ricordati i potenti Giambattista Borghese e Cristina regina di Svezia e i celebri musicisti Francesco Durante, Domenico Zipoli e Domenico Scarlatti.
Non solo nella penisola italiana, ma anche all'estero si diffuse la sua fama: ebbe, infatti, modo di suonare prima per il Re Sole, poi per Leopoldo I d'Austria, che invano lo invitò a trasferirsi alla corte di Vienna; in aggiunta ai sovrani, infine, dobbiamo ricordare l'incontro col Pasquini da parte di Haendel in un suo viaggio a Roma del 1707, durante il quale ebbe modo di frequentare l'ambiente musicale arcadico ( e si ricordino i nomi di Arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e Alessandro Scarlatti). Il celebre musicista spira a Roma nel 1710.

Bernardo Pasquini è ricordato soprattutto per la fama di virtuoso della tastiera e per l'estrema pulizia delle sue composizioni. Il musicista si impegnò in vari genere (cantate, sonate, opere, oratori etc.) E' notevole ricordare che la gran parte dei suoi lavori per tastiera ci è giunta manoscritta, ad eccezione di qualche antologia coeva al Nostro, e che egli è stato colui che ha introdotto il genere della suite in Italia.

giovedì 5 agosto 2010

B. Pasquini: Passacagli



A trecento anni dalla morte di un mio illustre concittadino valdinievolino, in attesa di tratteggiarne un buon profilo, voglio proporre questo pezzo di Bernardo Pasquini.

Quando la popolarità fa male, ossia la morte del genio

Non pensavo, confesso, che la fama potesse esser dannosa, almeno fino a quando mi fu sconsigliato di eseguire il preludio al Te Deum di Charpentier, perché la gente avrebbe potuto pensare alla sigla dell'eurovisione della Rai. Di questo passo, pensai, nemmeno gli accordi saranno più permessi, ché la pubblicità ormai regna sovrana.
Per certo, l'obiezione coglieva nel segno: il limite della fama per la musica da chiesa. Quello che però non condivido è l'adeguamento: se domani il "Christus vincit" diventasse la sigla del TG1, forse che noi non dovremmo più suonarlo? Penso proprio di no. Il caso, poi, di Charpentier e del suo preludio è singolare: il brano è tratto dal "Te Deum", un inno religioso prestato alla televisione; il più delle volte, invece, sentiamo melodie celebri entrare all'interno della liturgia quando nulla hanno a che fare con essa, ma la loro esecuzione è frutto di quella stessa fama che esclude lo Charpentier. Siamo di fronte ad un bivio: alcuni entrano e altri escono solo perché hanno lo "sculo" d'un certo tipo di pubblicità? Se il bivio è questo, direi di tornare indietro e provare a ripercorrere la strada. A mio modo di vedere, quando si oltrepassa la soglia d'una chiesa siamo in un luogo nel mondo e fuori del mondo, in cui vigono regole e tradizioni che possono non aver niente a che fare con quello che c'è al di là del portone d'ingresso.
Tanti sono i brani utilizzati dal mondo della televisione per promuovere prodotti commerciali o televisivi. Tuttavia non dobbiamo dimenticarci che i brani vengon utilizzati e non composti per la televisione: ne consegue che la finalità del pezzo rimane inalterata, malgrado il secondario uso.