Il tempo ed io abbiamo un cattivo rapporto. Diciamo pessimo. Ecco perché mesi fa, quando finii di leggere L'organista liturgico (Tannoia, Stilo Editrice), misi segnalibri nei punti che avevano stimolato una mia riflessione, perché sapevo che non sarei riuscito a fare ciò a ridosso della lettura del libro. Stasera, dopo molto tempo, sono tornato a sfogliare il volumetto e non ho potuto fare a meno di non ripensare a un punto che mi aveva particolarmente colpito (in negativo): le fasce o cuscini sonori.
Partiamo con quanto ci dice l'Autore alla nota n. 20 di pag. 53 (l'argomento glossato è il suono dell'organo che accompagni la meditazione dopo l'ascolto della Parola o dell'omelia):
"Il prof. Rainoldi accenna alla possibilità -tutta da sperimentare- di creare un sottofondo anche alla parola del celebrante: Fasce o cuscini sonori, giocati con scelta variata di opportuni strumenti, che entrerebbero in campo o come musica d'ambiente (udita più che ascoltata) o come componente significativa di una gestualità più ampia del comunicare (F. RAINOLDI, Il recitativo liturgico in lingua viva: gesto musicale, generi testuali, dialogo ministri/assemblea, in Atti del 3° Convegno nazionale degli incaricati diocesani per la musica sacra, Collevalenza i Todi, 15-18 novembre 1993, p. 54)."
Anzitutto, c'è un verbo che mette i brividi: sperimentare. Beh, visto lo stato attuale della liturgia, stato riassumibile nell'espressione "se mi pare, delle regole me ne fotto", direi che sarebbe sensato e prudente parlare di queste cose a porte chiuse e avere a cuore che non trapeli nulla all'esterno, tanto meno in un libercolo facilmente reperibile come quello del Tannoia: così eviteremmo di alimentare le fantasie liturgiche di certi consacrati che non accettano proprio di non esser il Papa di turno per sfogare il proprio estro artistico nell'ennesima riforma dei riti. Purtroppo, nello stesso errore incappa il Tannoia: non si può scrivere un paragrafo intitolato Meditazione dopo l'ascolto, o dopo l'omelia quando l'Ordinamento Generale del Messale Romano (mica Topolino) così dice al punto n. 56:
Il silenzio
56. La Liturgia della Parola deve essere celebrata in modo da favorire la meditazione; quindi si deve assolutamente evitare ogni forma di fretta che impedisca il raccoglimento. In essa sono opportuni anche brevi momenti di silenzio, adatti all’assemblea radunata, per mezzo dei quali, con l’aiuto dello Spirito Santo, la parola di Dio venga accolta nel cuore e si prepari la risposta con la preghiera. Questi momenti di silenzio si possono osservare, ad esempio, prima che inizi la stessa Liturgia della Parola, dopo la prima e la seconda lettura, e terminata l’omelia.
N. B. Non si parla di silenzio dopo la Lettura del Vangelo perché è data facoltà di ripetere l'Acclamazione al Vangelo (francamente la trovo una possibilità sciocca, perché la natura dell'acclamazione è quella di precedere -e non di seguire- e così facendo si confondono i momenti, dando l'idea di un grande music-all).
Se ci spingiamo al cuore del problema dovremmo sapere bene cosa voglia veramente dire il discorso del prof. Rainoldi. Ho cercato sul web l'intera argomentazione del '93 ma non ho trovato nulla. Tuttavia, mi sento di dire che quanto scritto è contro le norme liturgiche non solo perché sì ignora -più o meno volutamente- la norma ma anche perché non si capisce l'autentico spirito liturgico delle parti della Messa, e questo è forse più grave: pure io non mi ricordo tutte le norme, ma ringrazio Iddio per aver creato Google, tuttavia -appena letto il passo incriminato- sapevo che tutto il testo era contro l'autentico spirito liturgico (quindi uno, se ha ben presente questo, saprà regolarsi da solo senza consultare OGMR, fidatevi: capito il meccanismo è impossibile -o quasi- sbagliare).
Dal punto di vista strettamente "legale" tutto l'ambaradàn del prof. Rainoldi confligge con almeno un punto dell'Istruzione Musicam Sacram (1967):
64. L’uso di strumenti musicali per accompagnare il canto, può sostenere le voci, facilitare la partecipazione e rendere più profonda dell’assemblea. Tuttavia il loro suono non deve coprire le voci,rendendo difficile la comprensione del testo; anzi gli strumenti musicali tacciano quando il sacerdote celebrante o un ministro, nell’esercizio del loro ufficio, proferiscono ad alta voce un testo loro proprio.
Ebbene, stando così le cose, l'organo (come qualsiasi altro strumento o voce) dovrebbe tacere durante l'omelia solo se riuscissimo a dimostrare che l'omelia è un testo proprio del celebrante. Beh, parrebbe proprio che sia così, almeno stando a OGMR:
L’omelia
65. L’omelia fa parte della liturgia ed è vivamente raccomandata[63]: è infatti necessaria per alimentare la vita cristiana. Essa deve consistere nella spiegazione o di qualche aspetto delle letture della sacra Scrittura, o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta[64].
66. L’omelia di solito sia tenuta personalmente dal sacerdote celebrante. Talvolta, potrà essere da lui affidata a un sacerdote concelebrante e, secondo l’opportunità, anche al diacono; mai però a un laico[65]. In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche dal Vescovo o da un presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può concelebrare.
Nelle domeniche e nelle feste di precetto l’omelia si deve tenere e non può essere omessa se non per un grave motivo in tutte le Messe con partecipazione di popolo. Negli altri giorni è raccomandata, specialmente nelle ferie di Avvento, di Quaresima e del tempo pasquale; così pure nelle altre feste e circostanze nelle quali è più numeroso il concorso del popolo alla chiesa[66].
È opportuno, dopo l’omelia, osservare un breve momento di silenzio.
N. B. Notare come l'ultimo punto renda inutile la presenza del paragrafo Meditazione dopo l'ascolto, o dopo l'omelia in un libro che si intitola L'organista liturgico (ma di che liturgia stiamo parlando? di quella di Narnia?).
Riassumendo: quanto ipotizzato è irrealizzabile a livello normativo. Sperimentare vuol dire -in questo caso- compiere deliberatamente un abuso.
Proviamo però ad andare oltre la supercazzola del prof. Rainoldi (sì, scusatemi, ma "udita più che ascoltata" e "componente significativa di una gestualità più ampia del comunicare" sono proprio un bell'esempio di terapia tapioca come se fosse antani, con lo scappellamento a destra, ché piace tanto ai convegni), proviamo a porci in un ottica a-legale e totalmente rivolta allo spirito della liturgia: l'omelia rappresenta la parte più strettamente catechetica della Messa; tutta la sua forza consiste nella mondezza, nella chiarezza del linguaggio; tanto più chiara essa è, tanto è meglio fatta. Come possiamo allora creare "disturbo" (a livello comunicativo, due linguaggi che vengono messi in atto al contempo creano quello che si chiama disturbo) con la musica? Come possiamo ritenere che il di più sia d'aiuto quando rischiamo di non far comprendere le parole del celebrante? Per voler far qualcosa di assolutamente superfluo rischiamo di fare un danno, ossia di non far comprendere la parte della catechesi: un'assemblea che non ha spazio di cantare non ha un danno pari a un'assemblea che viene privata dell'omelia solo per fare un po' di musica.
Inoltre, alla base di questa proposta assolutamente errata, è la concezione della musica all'interno della liturgia come riempitivo, per dirla in parole semplici, o come un linguaggio evocativo ma non esaustivo. La musica all'interno della liturgia deve elevare gli animi -e non lo dico io ma 2000 anni di Chiesa- non creare l'atmosfera: creare l'atmosfera è una cosa che si fa ai vernissage o ai caffé letterari, non in chiesa! L'unica atmosfera data è quella che offre l'antifona d'introito, che introduce allo spirito della celebrazione del momento.
In terzo luogo, poi, se un'uditorio ha bisogno della musica per lasciarsi catturare dall'omelia, non voglio immaginare a che cosa pensi l'assemblea alla Proclamazione del Vangelo, dal momento che essa non è cantata per la gran parte dell'anno!
A questo proposito riferisco un'interpretazione raccapricciante del passo del prof. Rainoldi: con "alla parola del celebrante" si intenderebbe pure la Proclamazione del Vangelo. Non è farina del mio sacco, ma -mi par di ricordare- di una persona che si diverte a scrivere prefazioni inutili ai repertori nazionali di musica per la liturgia (chi vo' capir capisca). Una cosa del genere è francamente aberrante: da "proclamazione" si passerebbe a "lettura teatrale", da "canto/lettura" a "recitazione". La Proclamazione del Vangelo non è mai stata sporcata da sottofondi musicali, MAI: o si canta o si legge, non ci sono vie di mezzo. E questo avviene in tutte le confessioni cristiane che io conosca, riformate o meno che siano (sappiamo che i riformati siano melomani, ma non fino a questo punto). Sarebbe ancora più "contro-natura" avere una Messa in cui si suona alla Proclamazione ma non all'Elevazione perché è più logico il contrario: infatti, prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II l'Elevazione poteva esser accompagnata dal suono dell'organo (e la pratica è pienamente legale nella Forma Straordinaria del Rito Romano), nella forma Ordinaria del Rito Romano, invece, questo abuso, ma sarebbe lieve cosa perché ci si potrebbe giustificare con l'argomento del precedente storico secolare -se proprio uno smania per suonare quando le norme non lo consentono (ma perché uno deve compiere gli abusi liturgici senza necessità?)
Alla fine di questa lunga discussione credo che abbiamo appreso che il paragrafo Meditazione dopo l'ascolto, o dopo l'omelia è da cancellare (è inutile fare le discussioni sul sesso degli angeli, tanto le norme vietano tutto quello che c'è scritto) e che i liturgisti alla moda, che accusano di teatralità la messa in forma Straordinaria, dovrebbero tapparsi la bocca e guardare in casa propria: questo discorso ha messo in luce come sia ancora ben presente una concezione teatrale della musica all'interno della liturgia; la musica allieta, evoca, sottolinea, fa l'ambiente...tutte espressioni adatte ai concerti profani, non alla Messa.
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