Ebbene, alla luce del percorso storico, direi che la posizione della CEI è giusta e sbagliata al contempo: 500 anni di storia non si cancellano se si è intelligenti e, quindi, tarpare le ali ad altre collocazioni da quella indicata è sciocco, non fosse altro per il noto (cioè noto ai lettori di questo lungo argomento) che bisogna regolarsi in base alle caratteristiche di ogni singola chiesa; tuttavia la posizione è giusta perché non ci si inventa nulla di sana piana ma si parla di una collocazione del coro nel DNA della liturgia latina.
Ebbene, da una CEI che aborrisce le balaustre, non posso aspettarmi uno sdoganamento dello jubé (per quanto ci sarebbe da lavorarci, perché l'idea non è malvagia se pensata in chiave moderna), ma posso attendermi un atteggiamento aperto: col rientro di diversi anglicani nella Chiesa Cattolica, il patrimonio culturale anglicano, volente o nolente, è entrato nella nostra Chiesa; per di più questo patrimonio non era nemmeno loro, ma nostro e conservato presso di loro! In buona sostanza, invece che vedere i cori a lato della navata o nascosti nel transetto, credo che sarebbe meglio porli nelle prime file, quasi a costituire un "coro" simile a quello di Santa Maria in Cosmedin privo dei parapetti. Allora sì che si evidenzierebbe la funzione del coro, un trait-d'union fra sacerdote e popolo, fra spazio sacro e navata.
C'è solo un rischio: le spalle dei cantori date ai fedeli nella navata. Se proprio qualcuno ha gli attacchi di cuore a una simile vista, si potrebbe ruotare i cantori di 90° e farli disporre con la schiena alla parete (vedi filmato di Westminster postato nella parte terza del thread).
A tutto ciò si aggiunga che rimane ancora valida l'edificazione di cantorie facilmente accessibili e prive di grate, da costruirsi dove il suono possa meglio propagarsi. Del resto, non è una cantoria a svilire il ruolo del cantore, ma gli insulsi canti che sono patrocinati da chi scrive i documenti-capestro riportati (e non faccio riferimento al Magistero).
Se tutto questo riguarda la schola, dove mettiamo l'organo? La risposta è stata già detta e ridetta: dove suona meglio. C'è un piccolo dettaglio: la CEI parla di preferire l'organo meccanico. Ebbene, a meno di non fare improbabili catenacciature del tipo di Sant'Alessandro a Bergamo, il corpo d'organo non può stare dove sta il coro se rischia di produrre un suono percepito poi in maniera disomogenea. Per quanto io stesso abbia suggerito già di preferire un organo meccanico a uno a trasmissione elettrica o digitale, tuttavia non me la sento di imporre dogmi che lasciano il tempo che trovano. L'organo è uno strumento, deve funzionare: il resto son chiacchiere. Visti i progressi della tecnica, non bisogna aver paura ad acquistare uno strumento a canne (e non un cesso digitale) a trasmissione non meccanica: l'organo, però, sia di una ditta affidabile e seria, perché uno strumento simile ha problemi potenzialmente più gravi del meccanico.
Salve...ho letto il tuo blog per filo e per segno!! Molte volte mi sono ritrovato in quello che scrivi(es.nel discorso dell'offertorio).
RispondiEliminaMi chiedevo tu parli tanto di organista liturgico e delle sue varie sfaccettature...ma non lo identifichi mai...
Vorrei sapere chi è l'organista liturgico? chi è?Chi può essere chiamato tale?? Qual'è il suo compito? ha degli obblighi verso la diocesi?
Provocatoriamente ti dico che l'organista liturgico in Italia non esiste. Non esiste perché le diocesi hanno applicato a macchia di leopardo quanto detto da Paolo VI, ossia creare istituti di musica sacra volti alla formazione di figure professioniste da inserire nelle parrocchie. Il prete tende a portare il buon per la pace, per cui è quasi impossibile che affidi a un professionista riconosciuto l'animazione musicale della parrocchia, altrimenti rischia di perdere gli "schitarratori". Le diocesi non fanno nulla per aiutare i parroci, da questo punto di vista; anzi, negli istituti -quando ci sono- gestiti da loro mettono personaggi senza competenza che però sono raccomandati/parenti/amici di...Alla luce di quanto detto sono le diocesi ad essere obbligate verso chi, gratuitamente, si dà da fare per applicare le norme nelle propria parrocchia: perché dico questo? perché l'organista liturgico è quello che conosce la liturgia, studia i documenti del Magistero e tenta di applicarli come può. E' una persona che studia sempre (e non importa se al conservatorio o in un istituto diocesano), in eterna formazione, che spende tutto nell'edificazione dei fedeli tramite la propria arte, il proprio dono. Il suo compito è fare del meglio, ma ciò non vuol dire mordersi la lingua e tapparsi le orecchie: se la situazione è insostenibile in una parrocchia, lì non c'è nulla da fare (se non chiamare il vescovo).
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