martedì 15 ottobre 2013

Senti, senti la perpetua...

Un caro saluto a tutti i lettori. 
Torno a scrivere dopo un periodo caratterizzato da una deduzione allo studio non musicale quasi...da carcerato; torno, però, lieto. Ecco il perché.
Pochi giorni fa mi sono recato in una chiesa della mia zona, quasi per caso. Volevo studiare all'organo della mia parrocchia ma, giunto al luogo, trovo che si celebrava un funerale. Dispiaciuto per la sorte del defunto ma al contempo scocciato perché il suo funerale costituiva un contrattempo per quel che mi riguardava (sono di carne pure io, abbiate pietà), torno in macchina e decido di fare una giratina. Dopo un po' mi viene in mente che potrei andare a provare l'organo di una chiesa che conosco (organo che avevo sentito suonare in maniera pessima) e che mi era descritta "inaccessibile". Per farla breve, vado lì e nel giro di qualche minuto sono alla consolle, col permesso del parroco.
Pochi minuti dopo mi vedo spuntare da dietro la donnina cui avevo chiesto dove fosse il parroco ché avrei voluto chiedergli di poter suonare all'organo; la signora, a dire il vero, non troppo anziana, prima se ne sta un po' in silenzio e poi comincia a dirmi quello che sembrava uno sfogo da tempo covato. 
Si scagliava contro quelli che lì suonavano con le chitarre elettriche, i bonghi e altri perché "fanno chiasso, urlano e strepitano, tanto che gli [a loro] ho chiesto se ci posso pure portare la mi' gatta quando urla a squarciagola", soprattutto perché "suonano quello che garba a loro, ma in chiesa si deve suonare per elevare le anime e non per far baccano". 
Beh, anzitutto mi fa piacere che la critica sia motivata. Spesso, infatti, chi ha ragione purtroppo passa dalla parte del torto quando o non argomenta o fornisce argomenti che sono forti solo da un punto di vista soggettivo. 
In secondo luogo sono rimasto piacevolmente colpito dal nocciolo duro della critica della signora: "fanno musica che piace a loro". A conferma di questo punto mi diceva che molti, specie fra gli anziani, se sentivano completamente fuori luogo rispetto a quel contesto liturgico. Visto che il dialogo è vero e ciò che ne è sorto è frutto della spontaneità e non dell'artificiosità (nessuno si è messo d'accordo con nessuno su cosa dire e come farlo), visto il contesto di assoluta franchezza (spesso manca la sana parrhesia evangelica nelle nostre parrocchie), queste parole hanno confermato quanto detto da me più volte: non ha senso dividere l'assemblea a seguito dei desideri di una categoria sociale, anzi è dannoso. Non so quanto i parroci sappiano ciò e vogliano saperlo (meglio un vecchio brontolone o un giovane scontento? nell'indecisione si sceglie di sacrificare i pochi anni rimanenti del primo per scommettere tutto sul secondo), tuttavia ciò dimostra il fallimento di certa pastorale, quella sì che è una vecchia da abbandonare in un cantuccio del focolare alle nostalgie dei suo anni verdi.
In buona sostanza, quelle parole di una normale signore di una normale parrocchia a me sono sembrate le più profetiche che possano esserci. La signora, infatti, mi ha anche detto che la "loro musica" riusciva ai più estranea perché...estranea a tutti gli effetti. E come darle torto? L'andazzo musicale delle liturgie più giovanilistiche cambia sempre con le mode, tanto che una generazione non si riconosce più in un'altra: e così i canti degli anni '70 e '80 sono bollati già come "vecchi", quelli degli anni '90 invece sono "sempre i soliti"...ovviamente poi ogni generazione si barrica nell'insicurezza del luogo comune ("quando io ero ragazzino, tutti cantavano e la musica era bella, mica questo troiaio). Non sto facendo riferimento a uno scontro generazionale fra sessantenni e ventenni, ma a un'effettiva inconciliabile visione che abbraccia ogni generazione, a partire dal "basso" sino agli attuali quarantenni. E non parlo nemmeno per sentito dire, ma perché più volte mi sono trovato inserito in queste discussioni.
E, infine, bisogna aggiungere il caso dei giovani-vecchi: giovani che si avviano all'età adulta che pretendono di dire quali siano i gusti della gioventù, quando non si rendono conto che la gioventù non sono più loro e questa è sempre più lontana dalla capacità media di comprensione (le nuove generazioni sono -volente o nolente- qualcosa di ignoto, completamente sconosciuto all'esperienza che tutti noi abbiamo avuto, soprattutto a casa dell'impatto delle nuove tecnologie su di esse fin dalla nascita). 
In conclusione, l'episodio della "perpetua" mia ha spinto ad approfondire la ricerca di un autentico canto popolare che possa inserirsi nella liturgia: già da tempo sto indagando su questo settore e, quando potrò, fornirò un'attenta disamina della situazione. Tutto questo perché? Perché, Signori, volente o nolente, c'è stata una riforma liturgica e, se non siamo noi organisti/maestri di cappella e altri (tutti amanti della vera tradizione, sia quella liturgica sia quella culturale) a proporre un modello positivo, sarà qualcun altro (di solito a noi ostile) a svolgere questo compito e a questo punto lamentarsi non servirà a nulla. Ritirarsi sull'Aventino è sciocco perché è inutile.

Un saluto e a presto!

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