Il titolo vuol essere volutamente provocatorio, ma, alle volte, bisogna anche suscitare gli animi con più forza.
Nel tedesco abbiamo il termine "Kapellmeister" che indica il direttore dei servizi musicali religiosi, in inglese esiste il "Director of Music", che ha lo stesso significato del vocabolo tedesco. Il ruolo di direttore dell'azione musicale liturgica, invero, non è quello dell'organista, tuttavia la prassi è quella di far coincidere le due figure, con notevole complicazione per il secondo: infatti, l'aspetto di direzione è sovente trascurato in chi valuta il lavoro dell'organista. Aggiungo, poi, che chi volesse fregiarsi del titolo di "Maestro di cappella" sarebbe anzitutto dipinto come un pazzo, fino a scadere nei termini più propri del turpiloquio. Tuttavia è innegabile che la maggior parte degli organisti, soprattutto quelli che non lo sono di professione, si vedono moltiplicare, anzi quadruplicare il lavoro da faccende di cui non dovrebbero esser competenti: la direzione di coro e/o altri strumenti musicali richiede una preparazione musicale che un organista tipico non possiede e deve acquisire con gran dispendio di fatiche; inoltre gli eventuali risultati discutibili vengono a costituire prove dell'inefficienza del povero organista (povero anche in senso materiale!permettetemi la boutade).
A questo proposito, vorrei soffermarmi un attimo sull'aspetto di direzione di coro. Prima di tutto bisogna fare una constatazione: se l'organista fa anche il direttore di coro, il direttore di coro fa il disoccupato. A ciascuno il suo! (si diceva un tempo). Se nelle lingue del mondo si hanno due termini per indicare due figure distinte, una ragione più che logica ci sarà: stiamo, appunto, parlando di due figure distinte, non di una che si adegua a jolly della situazione. Dirigere un coro, d'altronde, non è una passeggiata poiché avere l'orecchio per correggere le voci umane è cosa che si apprende col tempo, coll'esperienza e coll'aiuto del buon Dio!
In secondo luogo, a differenza dell'organista ( ma qui si scade nel personale), un bravo direttore di coro si rende subito conto se qualcuno può cantare o meno; l'organista, almeno nel mio caso, spera invece che col tempo...A questo punto mi tocca fare una digressione. Anche per quel che mi riguarda, io all'inizio ero sull'orrendo andante, ma poi mi sono impegnato per migliorare, e credo d'esser su una buona strada, almeno lo credo perché che mi ascolta apprezza e non mi tira ortaggi/uova. Certamente, allora, il tempo e la fiducia sono fattori fondamentali, però non bastano. Se ho del potenziale, questo risalta subito, malgrado gli aborti che possa compiere, altrimenti continuerò solo a fare aborti. Ora così è per i "cantori" parrocchiali.
Ed ecco che arriviamo a parlare delle dolenti note, appunto, i cantori parrocchiali. Costoro sono di tre tipi: i bravi, i migliorabili, gli orridi. Per uno starno scherzo della natura la scala dell'attività e della partecipazione procede dal gradino più basso per giungere a quello più alto. Come dice il mio prof.re d'armonia: "Chi è stonato, non deve cantare!". Purtroppo non è così; il più delle volte, se non ci fossero questi stonati a impegnarsi, non ci sarebbero nemmeno canti. Cosa che potrebbe esser migliore. Purtroppo sarebbe tristissima. Qualcuno dice che l'assemblea non canta perché i cantori sono stonati: frottole, balle! La gente non canta perché gli fa fatica e non vuol impegnarsi, perché se volesse seriamente preoccuparsi della cura musicale liturgica, si adorerebbe in prima persona per migliorare la situazione (mentrel'uso consueto è quello di criticare chi intanto sta facendo qualcosa e stare a vedere, sempre pronti a recriminare!).
Propongo, allora, due accorgimenti per l'annosa questione dei cantori stonati: farli cantare il meno possibile e spingerli a trovare altra gente con cui fare gruppo,un gruppo che non deve sostituirli, ma solo coprirli: a sostituzione di queste persone è sbagliata, perché andremmo a colpire gli spiriti più "impegnati" nella vita parrocchiale, col rischio di perdere, all'interno del coro, un sano spirito all'impegno volto a beneficio della liturgia.
Dopo aver affrontato, con abbastanza parole, un ambito marginale della questione dell'uso del termine "Maestro di cappella", vorrei tornare al nocciolo della questione. Le righe che precedono mostrano quanto poco di organistico ci sia nella gran parte dell'attività dell'organista liturgico, almeno nella gran parte dei casi di coloro che intendono rapportarsi al proprio compito con serietà, se, invece, l'organista, lecitamente, affidata alla cialtroneria e al disimpegno la sua non voluta carica di direttore di coro, allora il discorso non vale. La mia proposta, pertanto, è volutamente provocatoria: chiamare "Maestro di cappella" l'organista liturgico che seriamente si occupa degli uffici musicali. Così facendo, tutt'altra luce si poserà sulla figura dell'organista, troppe volte esposto a critiche che non riguardano prettamente il suo ruolo. Il nuovo appellativo, magari certificato, dovrebbe servire a porsi dinanzi ai servizi musicali liturgici in modo nuovo, perché alla nuova denominazione dovrebbe accompagnarsi una nuova figura con una nuova preparazione musicale.
Vorrei aggiungere che chi ha la fortuna (ovviamente scherzo) di cantare accompagnato da me, canta più che degnamente e si colloca fuori dalla casistica sopra esposta.
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